Se affrontassimo il discorso da un punto di vista cestistico no, non esisterebbe minimamente un paragone che regga, ma la questione, come intuibile, non riguarda il parquet, bensì l’influenza fuori dal campo nella cultura pop e dress code dell’epoca. Sì, per grandi linee è già stato anticipato con qualche cenno nella precedente riflessione e non solo, ma merita di essere approfondito con qualche dettaglio in più.
Perché? Perché andare più a fondo in quella che sembra una semplice tematica da circolo?
La risposta è più semplice di quel che si pensi: semplicemente perché entrambi i protagonisti, in un modo o nell’altro, rappresentano il cambiamento, la svolta, nel panorama del global dress.
Sì, global e non american, perché si tratta di un fenomeno mondiale, non strettamente circoscritto agli States.
To be or not to be per gli anglofoni, essere o non essere per i cittadini del Belpaese, ma per gli amanti della palla a spicchi il dubbio amletico è un altro: Michael Jordan o Allen Iverson?
Temporalmente His Airness è antecedente ad Iverson, una figura troppo rilevante per rimanere “chiusa” solo nell’ambito del basket ed infatti nel Novembre del 1984 la Nike lancia la linea della Air Jordan. Risaputo, per capire la totalità di Michael bisogna prendere un documentario del più grande storyteller mai esistito, ovvero Federico Buffa(discepolo del Maestro Sergio Tavcar), e concentrarsi su una piccola parte: verso la fine degli anni ’90 in Giappone ci fu un’inchiesta su chi fosse il più grande uomo di tutti i tempi, la quale culminò con una testa a testa tra Chun-Li e Michael Jordan.
Michael era totalmente consapevole di poter costruire un impero collaborando con la Nike e così è stato; ancora oggi le Air Jordan 1 sono tra le paia di scarpe più vendute sul globo e la recente mini-serie original Netflix, ‘The Last Dance’, ha contribuito ad un nuovo exploit della linea Jordan, ove mai ce ne fosse stato bisogno. Insomma, è palesemente uno dei brand più forti e affermati sul mercato e lo sarà ancora per molto.
L’influenza jordaniana è spiegata, però, da un altro episodio: basti pensare che nel 1997, quando Michael raggiunse Parigi insieme ai Chicago Bulls per partecipare ad un torneo organizzato da McDonald’s, si presentò con una coppola stile britannico del primo dopoguerra. Inutile dire che quello stile di cappello andò letteralmente a ruba nei periodi successivi.
C’è, però, una figura controversa e in netta contrapposizione ad His Airness ed è Allen Iverson, a.k.a. The Answer. Allen è lo spartiacque tra la generazione ‘radical chic’ degli anni ’80 e ’90 e la generazione gangsta di fine anni ’90 ed inizio nuovo millennio: in gergo cestistico si tratta di un vero e proprio crossover e d’altronde chi poteva mai farlo se non The Answer? Nessun altro.
In realtà Iverson ha “mandato al bar” già una volta Jordan con un crossover da paura sul parquet dei Sixers il 12 Marzo del ’97, ma prendersi la scena su Michael nel panorama pop e dress code era molto più difficile.
Eppure è successo.
C’è da sottolineare che lo stesso Iverson ha avuto come propria icona Jordan, ma limitatamente al parquet: i suoi riferimenti, in qualsiasi sua intervista, sono stati sempre e solo circoscritti al basket giocato, non al contesto esterno. D’altronde sarebbe stato un po’ impossibile emulare Mike nella vita reale, sono due personalità troppo diverse: Jordan è nato e cresciuto in una situazione tutto sommato abbastanza agiata, quasi da classica borghesia americana, Iverson decisamente no, viene dalla strada e dalla galera, si è dovuto guadagnare tutto con le proprie forze.
Rivoluzionario, è questo l’aggettivo che più si addice al personaggio.
Rivoluzionario in ogni ambito, sul parquet e fuori.
In campo non si era mai visto un giocatore, che a stento raggiunge i 185 centimetri, dominare letteralmente la lega portando alle Finals ‘00 i Philadelphia ’76, una squadra davvero rimaneggiata e sulla quale probabilmente anche il proprietario non avrebbe scommesso un dollaro, schiantandosi solo contro gli invincibili Lakers di Kobe e Shaq; non dimentichiamoci inoltre, sempre contro quei Lakers, del crossover in G1 su Tyronn Lue, usato anche come riferimento dalla satira per le recenti elezioni americane con Biden che “scavalca” Trump nello stesso modo di Iverson con l’attuale coach dei Clippers. Fuori dal campo non gli è mai piaciuta la vita facile: la galera in giovane età, il rifiuto del dress code NBA stabilito da David Stern nel 2004 e qualche club o sparatoria di troppo per un professionista All Star.
Ma nel brand, come si legano le due figure? Come nella matematica, con un’equazione.
Michael sta alla Nike/Jordan come Allen Iverson sta alla Reebok.
Si tratta di un passaggio fondamentale: The Answer ha il “suo” logo, il “suo” marchio. Il principale esponente pubblicitario della linea di scarpe del colosso americano, che guarda caso ha origini “easteniane” essendo nata a Boston e non molto lontana dalla sua Philadelphia, è proprio Iverson. In realtà The Answer deve quasi la sua vita al marchio americano: con la Reebok ha firmato un contratto milionario(circa due milioni l’anno), ma soprattutto l’ha firmato a vita. E non finisce qui perché qualche mese fa il brand americano ha annunciato alla stampa che, sempre da quel famoso contratto firmato nel 2001, quando A.I. compirà 55 anni, gli verserà la bellezza di 32 milioni sul conto bancario: mica male. Non è sicuramente un imprenditore affermato come Michael, ad Iverson piace spendere e sfoggiare in pubblico i “suoi dollari”, ma c’è anche da dire che la Reebok lo supporta a pieno su questa linea di vita mondana.
A.I. risponde, così, colpo su colpo a Jordan: inevitabile mi verrebbe da scrivere.
É uno che ogni qualvolta gli si sia presentata una sfida l’ha affrontata spalle larghe e petto in fuori, senza mai tirarsi indietro, e perché mai farlo quando poteva raggiungere il più grande di tutti i tempi?
É stato proprio questo il punto di svolta della vita di Iverson e non solo.
Ha lanciato un messaggio forte e chiaro, portandolo ad essere un vero e proprio modello da seguire: essere se stessi, credere in se stessi e mai arrendersi.
A modo suo, tra felpe XXXL, catene d’oro e jeans strappati, ce l’ha fatta.
É arrivato dove voleva arrivare, rappresentando un simbolo di speranza anche per i ragazzi che provengono dal nulla, esattamente come lui.
Heart over height, il cuore oltre gi ostacoli, non sarebbe potuto essere altrimenti.
Be iconic: Allen ‘The Answer’ Iverson.