Il 14 febbraio per gli innamorati del rap italiano non è una data come un’altra.
In quella data, infatti, i Co’Sang con un post su Facebook annunciavano al mondo il loro scioglimento. Tutti erano in attesa del loro 3° album, ma purtroppo la storia è stata tutt’altra.
Il motivo di quanto accaduto è ancora avvolto dal mistero seppur negli anni grazie ad alcune dichiarazioni si è lasciato intendere come fosse ormai necessario fare questa scelta a causa di incomprensioni nella vita privata fra i due membri, soprattutto stando a quanto scritto da Luché nel suo libro.
Nonostante il triste epilogo il duo composto da Ntò e Luchè ha però scritto la storia di Napoli dando vita a qualcosa di nuovo e probabilmente ancora unico.
Da Ensi a Geolier, da Gué ad Ernia, non c’è un rapper italiano che in qualche brano o intervista non citi il duo partenopeo e l’impatto di quest’ultimo sulla scena.
La musica dei Co’Sang non la si può semplicemente etichettare come gangsta-rap, si parla di strada e violenza, ma in un modo completamente unico, maturo già dal primo album.
Una maturità che coincide con una forte ricerca nei testi come nei suoni, dal sample tratto da La Valse D’Amélie in Int’o Rione, a Mina in Casa Mia, piuttosto che dai suoni proveniente da Napoli come le telefonate dal carcere e Tengo Vint’Anne di Patrizio in Fuje Tanne.
Un altro esempio, lo si può trovare anche in un’intervista realizzata da Current TV dove i due protagonisti analizzano in modo accurato la propria periferia definita “dozzinale” in cui sognare diventa sinonimo di lottare, ma a cui lo stato (che dovrebbe essere tuo alleato) non dà i mezzi giusti per poter vincere.
I Co’Sang parlano dell’Area Nord di Napoli agli inizi degli anni 2000, ma sembrano raccontare le periferie del mondo; un mondo che dopo 10 anni non sembra essere cambiato tanto, ma che nei brani delle nuove generazioni sembra essere un vanto e non un motivo di rabbia e sconforto.
La musica dei Co’Sang non era auto-celebrazione, ma un’emozione pronta a travolgerti ed a catapultarti nel grigiore dei palazzi di periferia, sognando la rivoluzione. Un’efficacia lessicale del tutto spontanea ed unica, grazie a parole potenti alimentate dal coraggio e dalla voglia di riscatto.
La stessa potenza che gli ha permesso di firmare un contratto con Universal, a distanza di un anno dall’uscita indipendente di Chi More Pe Me, permettendo a quest’ultimo di essere distribuito in tutta la penisola ed ai Co’Sang di poter lavorare al loro 2° e ultimo album: Vita Bona.
Qui, probabilmente, possiamo trovare uno dei brani più significativi della loro carriera: Riconoscenza. Un brano d’amore, ricco di speranza accompagnato da un sample pronto a farti chiudere gli occhi e sognare.
Il brano inizia raccontando la tristezza che si prova nell’affacciarsi da un palazzo di periferia ma anche la forza che quest’ultima può darti nell’affrontare la vita, a cavallo fra i grandi della cultura napoletana come Bovio e Di Giacomo e la malavita che purtroppo è una calamita.
Si continua poi nella descrizione di questa realtà, sognando di poterla aggiustare grazie al successo della propria musica, un segno di riconoscenza e gratitudine per un futuro migliore.
“Chist’è ‘o regalo nuostr'” conclude poi Ntò, un regalo che tutt’ora emoziona, che tutt’ora lascia sognare e forse è giusto essere stato l’ultimo.
Con solo due album i Co’Sang hanno lasciato un segno indelebile nel rap italiano non snaturandosi, riuscendosi ad imporre con la loro energia ed assumendo anche posizione scomode come in Momento d’Onesta.