Sindrome comica con Daniele Tinti

In una delle ultime puntate della serie “Comedians in cars getting coffee” Ricky Gervais racconta una storia a Jerry Seinfeld: un sopravvissuto ai campi di concentramento alla fine muore di vecchiaia, va in paradiso e lì incontra Dio, a cui racconta una barzelletta sull’Olocausto. «Non è divertente», risponde Dio, e lui replica: «Avresti dovuto esserci».

Questo è quello che mi risponde Daniele Tinti quando gli chiedo qual è la sua barzelletta preferita.

Tinti è un comico italiano, il primo ad avere introdotto un podcast umoristico in Italia: “Tintoria”, dove incontra diversi personaggi sia della cultura underground che non, per affrontare svariati argomenti in una chiave diversa da quelle che siamo abituati a sentire.

La comicità è sempre più la voce narrante di qualsiasi tipo di comunicazione, che negli anni dei nostri genitori era stravagantemente seria, soprattutto per quanto riguarda i media di divulgazione, per diventare oggi, invece, seriosamente stravagante, rappresentando a volte, per chi la sente, un qualcosa che va oltre il solo humor.

Ho incontrato Tinti ad uno spettacolo di stand-up comedy a Napoli, cercando di capire come vive e come vede vivere la comicità in questo periodo storico.

Qualche giorno fa è uscita la squadra del governo, se potessi essere a capo di un ministero, quale sarebbe?

“Ministero delle Camicie Azzurre” per mette una quota di camicie azzurre che si possono mettere, però ti dice anche quando te la devi mettere, un ministero di ordine e precisione, coerente con il governo di adesso, quindi di destra, ma che comunque dà anche un senso all’eleganza.

La comicità secondo te è innata o è frutto di un lavoro?

Far ridere le persone è innato, è un’attitudine. Far ridere sul palco nasce da quel piacere che qualcuno prova anche nella vita a far ridere gli altri, ma devi poi però lavorarci tantissimo, essere solo portati non basta.

Se non facessi il comico in Italia, dove vorresti farlo?

Dirò banalmente in America, perché comunque sono quelli che mi guardo di più, sono i podcast che seguo, la comicità di cui colgo anche i riferimenti culturali.

Che zona dell’America?

Allora ti dico, il Colorado, il Texas, NewYork o Los Angeles.

A proposito del Podcast, qual è l’ospite da sogno che vorresti invitare a Tintoria?

A me piacerebbe tantissimo Cristian Totti, storia unica, tipo Ercules, perché ha i poteri di Zeus ma senza esserlo, a Roma è un semidivinità, anche se ha 16 anni.

E cosa gli chiederesti?

Come stai? Come va Cristian? Che vuoi fare? Perché non te ne vai da Roma?

Il comico che ti fa ridere più a crepapelle in Italia e nel mondo?

In Italia Francesco De Carlo e Mauro Fratini, nel mondo, Louis C.K.

Woody Allen ha come punto di riferimento Manhattan, Zero Calcare Rebibbia, tu hai un quartiere di riferimento?

In realtà sono nato a Roma, cresciuto all’Aquila e tornato poi a Roma. Mi sento molto italiano, e questo lo porto sicuramente sul palco, Roma è una città fantastica ma faticosa, e questa fatica la riporto parecchio nei miei spettacoli.

Ti interessa la televisione? Se si, quale programma condurresti?

Con la televisione c’ho un problema, l’ultima volta che l’ho fatta mi è piaciuta un sacco, però non so, non ho in testa un programma che vorrei fare, cosa che invece ad esempio ha creato Lundini. Mi sarebbe un sacco piaciuto condurre Quelli che il Calcio.

Hai scritto e recitato nel “Il grande caldo”, nel mondo del cinema chi è il tuo regista preferito?

Il mio regista preferito è Zemeckis, il regista di “Ritorno al Futuro”, ma anche Mel Brooks, ma anche i mostri sacri, come Monicelli e Spielberg.

L’ultimo film in uscita che ti ha colpito?

Guarda, io non vado più al cinema, c’ho sto problema, uno che però mi è piaciuto è il film di Dragon Ball, tutto nuovo, personaggi, trama, l’ho visto in lingua originale e mi è piaciuto tantissimo.

In cosa può migliorare la comicità italiana, e in cosa invece può peggiorare?

Allora la comicità italiana sta andando bene, sta migliorando molto, mi piacerebbe che la facessero più donne sicuramente, sia la stand-up che il cabaret, forse si sentono giudicate sul palco, ma avendo per forza di cose una prospettiva diversa su alcuni argomenti rispetto agli uomini, mi interesserebbe tanto ascoltarle, in questo sicuramente può migliorare.

Può peggiorare invece nel fatto di essere per forza scorretti, per forza volgari, a me fa super ridere la volgarità figurati, ma se dici “ao è morto quello sti cazzi” oppure che i preti sono tutti pedofili puoi anche far ridere, ma a me che me ne frega.

Altri articoli

Santo Diego: santificazione artistica e popolare

Dal 2018 nelle strade di Napoli un occhio attento...

LIT, l’afro-sound di Napoli a cura di Jesa

L’Italia sta cambiando, Napoli sta cambiando, e c’è chi...

Mr. Pencil: da San Gennaro al Chicano

Siamo a Napoli, affollata come sempre. Un andirivieni di...

Scampia: il diritto d’immaginare (intervista a Davide Cerullo)

Non fa molto freddo in questi giorni; siamo in...

Co’Sang per sempre

Il 14 febbraio per gli innamorati del rap italiano...

Keep on rockin: TCK riapre la stagione delle Jam

Non sono passati pochi anni da quando Mos Def,...
- Pubblicità -

Altri articoli

Santo Diego: santificazione artistica e popolare

Dal 2018 nelle strade di Napoli un occhio attento...

LIT, l’afro-sound di Napoli a cura di Jesa

L’Italia sta cambiando, Napoli sta cambiando, e c’è chi...

Mr. Pencil: da San Gennaro al Chicano

Siamo a Napoli, affollata come sempre. Un andirivieni di...

Scampia: il diritto d’immaginare (intervista a Davide Cerullo)

Non fa molto freddo in questi giorni; siamo in...

Co’Sang per sempre

Il 14 febbraio per gli innamorati del rap italiano...

Keep on rockin: TCK riapre la stagione delle Jam

Non sono passati pochi anni da quando Mos Def,...
- Advertisement -