Fabio Petani: un fiore al Parco dei Murales (intervista)

Fabio Petani è un artista urbano, nato a Pinerolo nel 1987, laureato in Beni Culturali presso la Facoltà di Lettere e Filosofia di Torino con una tesi sull’Arte Urbana.

In Italia, come a Kiev o Atene, è possibile ammirare le sue opere caratterizzate da armonia unica fra fiori, colori tenui, volumi ed elementi di rottura. Il lavoro di Fabio Petani però è innanzitutto un lavoro di ricerca; i fiori sono il suo marchio di fabbrica, ed essi hanno sempre una relazione con il territorio.

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Durante il periodo pasquale una sua nuova opera è sbocciata al Parco dei Murales, zona est di Napoli. Quest’ultimo nasce dopo il terremoto degli anni 80 ed è situato nella periferia napoletana, luogo in cui, INWARD Osservatorio sulla Creatività Urbana, cerca, tramite l’arte di attuare una riqualificazione artistica ed una rigenerazione sociale per la zona. Al Parco dei Murales oggi sono presenti 7 grandi facciate, ognuna con una tematica sociale ben precisa: solidarietà, gioco, lettura ed altro.

I lavori di INWARD al Parco dei Murales sono ben radicati sul territorio, tant’è vero che prima di ogni nuova opera si lavora con la comunità, in particolar modo con i bambini. Durante il mese di marzo i giovani residenti del Parco sono andati all’Orto Botanico di Napoli, una gita importantissima, in primis per avvicinare il centro a chi vive in periferia e poi perché il loro Parco è intitolato Aldo Merola, storico direttore dell’Orto e scienziato. A questa giornata è poi seguito un pomeriggio di disegni, dal quale l’artista ha tratto poi spunto per il suo murale, partendo, ad esempio, dai colori utilizzati.

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Il nuovo murale è dedicato ad Aldo Merola ed ai bambini e si intitola ‘’ ‘O sciore cchiù felice ‘’. Il grande fiore che nasce sulla facciata più bella del Parco è un Arum Italicum (Gigaro Chiaro), fiore presente nel Vallone di San Gennaro oltre che simbolo, nell’antichità, di protezione dei neoneati. A quest’ultimo si aggiunge la scritta latina ‘’silicon’’ ed i numeri 14 e 28,05, rispettivamente numero e peso atomico di tale elemento, in italiano silicio, molto diffuso nei territori vulcanici.

Per l’occasione e per approfondire ancora di più la sua arte lo abbiamo intervistato:

Il tuo è uno stile molto riconoscibile, i fiori in particolare sono il tuo marchio di fabbrica. Come mai? Hai mai pensato di rappresentare altro?

Il mio stile si forma e si rafforza negli anni grazie all’influenza ed al legame con diversi artisti della scena writing torinese e non solo. Affiancandomi a loro ho cercato di trovare un linguaggio che prendesse spunto da quello dei graffiti. Mi spiego meglio. La ricerca di una tag riconoscibile che identificasse l’autore era uno degli aspetti al quale agli inizi ho mirato. Allo stesso tempo non ho mai voluto arrogarmi un trascorso artistico che non ho mai avuto. Perciò non evolvendomi dai graffiti, ma subendo la loro indiretta influenza tramite gli insegnamenti dei grandi storici come Etnik, per citarne uno, ho voluto crearmi un timbro artistico che rispettasse la storia di tutti loro. Così mi sono avvicinato a quello che ora è denominata street art, in maniera un pò troppo larga secondo me, creando una serie di elementi ricorrenti e riconoscibili nel mio lavoro. Il percorso è partito con delle forme geometriche astratte in luoghi abbandonati, da li ho iniziato col tempo ad aggiungere in ogni intervento un elemento chimico che si collegasse in qualche modo al contesto dove lo realizzavo. Dopo ciò alle forme astratte e all’elemento ho deciso di inserire una parte morbida, quella botanica, che aumenta i legami di concetto con la situazione. Il mio lavoro è in continua – ma progressiva – evoluzione, così piano piano aggiungo idee e soluzioni nuove senza discostarmi troppo dai lavori precedenti. E così avanti creo un percorso riconoscibile anche grazie ad alcuni elementi cardine come sono la linea rossa, il cerchio (non sempre sempre) ecc.

Com’è andata la tua esperienza a Napoli?

L’esperienza è stata molto interessante. Mi ha permesso di crescere in consapevolezza e mi ha dato la possibilità di provare alcune idee che avevo in mente. Sono soddisfatto dell’impatto del lavoro sul sistema Parco e non solo. La visibilità sin da lontano permette di arricchire il sistema di abitazioni del quartiere e ciò mi fa piacere. I ragazzi sono i principali destinatari dell’opera e spero che ne possano percepire le armonie.

Inoltre la città è molto interessante per quanto riguarda gli interventi spontanei di molti artisti per le suggestive vie.

La Street Art sta diventando sempre più Arte Pubblica, qual è la tua opinione al riguardo?

Per definizione la Street Art dovrebbe necessitare della strada per aver tale valore, ma si sa che la gran parte degli artisti di street art realizzano esposizioni in gallerie ecc. Quindi è più un problema di termini che di contenuti. Arte pubblica o Arte Urbana sono termini più idonei anche se non corretti, comunque, in totalità. Personalmente mi piace definirmi artista urbano perchè nei miei interventi mi piace lavorare, scoprire e ricamare l’opera sul contesto. Allo stesso tempo è anche Arte Pubblica. Per quanto riguarda le opere su supporti io mi servo di legni (prevalentemente) che trovo per strada e sistemo al meglio quindi anche questa scelta si lega al tessuto urbano, se vogliamo.

L’arte può essere un ottimo punto di partenza per un processo di riqualificazione urbana?

Sicuramente come punto di partenza è perfetto, ma a ciò vanno associati anche interventi più profondi e sociali che coinvolgano e facciano capire alle persone che il bene pubblico e comune è una cosa che migliora la vita di tutti e dovrebbe perciò essere interesse di ognuno. Quindi il punto di partenza vero dovrebbe esser il movimento delle coscienze e l’arte dovrebbe servire a rafforzare il tutto ponendosi come garante dei miglioramenti.

 

Daniele Carrano
Daniele Carrano
Scrivo per il piacere di confrontarmi con gli altri. Co-fondatore di Escape Vision.

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