C’è una domanda fondamentale da affrontare quando si analizza un qualche tipo di prodotto artistico, che sia esso un film, un quadro o un album musicale: cosa sta cercando di dirmi chi l’ha realizzato?
Se la risposta è “niente” – posto che sia un niente relativo, altrimenti non potrebbe parlarsi di arte, anche se, certe volte, anche dire niente ha un significato ed un fascino – probabilmente il prodotto non fa per voi.
Se, invece, data cosa vi stimola ad una riflessione, vi interroga, e lo fa in maniera coerente, allora quel prodotto non solo è considerabile arte, ma ha raggiunto uno status superiore: ha aperto una linea di comunicazione tra chi la fa, e chi la riceve.
Questa, personalmente, è la prima chiave che utilizzo quando analizzo un progetto.
E pongo particolare accento sulla parola “personalmente”, in quanto parlare di un prodotto, o addirittura recensirlo, cercando di rendere il tutto oggettivo, non mi appartiene e non è idoneo, sempre secondo me, se ci riferisce ad un prodotto così recente.
Senza dilungarmi su un’inutile scheda tecnica dell’album, il punto centrale che ci terrei a trattare, è, ovviamente, quello che riguarda il contenuto.
Il nuovo album di Geolier Il Coraggio dei Bambini esce all’inizio del 2023, anni dopo il primo, Emanuele, e in un momento in cui il rap italiano sta vivendo una sorta di periodo di transizione in cui si cerca di capire quale sia la tendenza subito successiva alla Trap ed alla Drill, con un 2022 che regala, infatti, pochi prodotti di rilievo, tra cui si possono citare il Salvatore di Paky, o anche Noyz, e che mostra come, uno dei barlumi di speranza, sia il ritorno del genere in se stesso, col recupero del rap crudo, senza orpelli.
Il Coraggio dei Bambini, però, nonostante la premessa, funziona su due fronti: da un lato, è un lavoro coeso e perfettamente concepibile nella storia personale dell’artista, e dall’altro lato, è un lavoro atemporale, i cui contenuti sono e saranno applicabili alla realtà sempre. Geolier permette alle proprie parole di passare dal personale all’universale: in Ricchezza, la sua apertura, i pensieri di un ragazzo di soli 20 anni sul futuro diventano il racconto di una generazione che il futuro non ce l’ha; Me Vulev fa Ruoss, pezzo molto derivativo, che raccoglie dal miglior Luchè a ragione, è un gran racconto familiare; Napo****no e Give you my love raccontano il rapporto viscerale con una città complessa, non tralasciando nulla della storia privata dell’artista, che sembra, anche restando ancorato alle sue origini, aver compreso appieno la lezione sul personalismo del primo J.Cole di 2014 Forest Hills Drive e dell’ultimo Denzel Curry.
È proprio qui che la musica di questo Geolier fa centro: anche non essendo un album che apprezzo completamente – mi riferisco in particolare ai featuring, eccezzion fatta per Lele Blade e Paky, che guarda caso hanno un passato molto simile a lui – Geolier fa musica per lui catartica.
Come dichiarato in alcune interviste, scrive e incide tanto, ed è poco soddisfatto di molte delle sue produzioni, ma ha bisogno di farle, e questo ricalca a pieno l’essenza di qualcuno che della musica ha bisogno, ed il fatto che sia diventata per lui un lavoro è solo una banale conseguenza.
Dice lui stesso nell’album di evitare Hit estive, perché semplicemente, come traspare, non sembra essere la formula adatta a lui. Come il Rocco Hunt di Spiraglio di Periferia, Geolier è ancora un ragazzo, nato e cresciuto in strada e dalla strada, e questo è sia un bene che un male, come ci fa capire in In Trappola con Lele Blade.
Eppure, dopo tutta l’onda mediatica da cui è stato ricoperto in questi anni, Geolier sembra maturato secondo i suoi tempi e non quelli imposti. In questo risiede la grandezza del Coraggio dei Bambini: è un album di Geolier, ed è soltanto suo, non potrebbe essere di altri. È Geolier che si diverte, che racconta qualcosa, che piange con chi ascolta, e non è generico, e per quanto strano possa sembrare, ora sembra una cosa rara.
Fare musica per se stessi, e che questa musica diventi poi tranquillamente di altre persone, è una dote non disponibile per tutti, ed il fatto che per molti sia difficile accettare che Geolier, che è giovane e napoletano, ce l’abbia, è solo sintomatico di una società distruttiva e non costruttiva, che non perdona nulla e nessuno.
Non siamo più davanti al Geolier di Narcos, ora Geolier è lui stesso, è quel bambino che davanti alla camera si diverte a fare musica, senza paura di alcun giudizio, e questo è il coraggio dei bambini.