Il 21° secolo è un momento storico di cambiamenti repentini e spesso confusionali, difficile da etichettare; si potrebbe parlare di epoca dell’apparire, ma sarebbe comunque riduttivo.
artwork: Giorgia Amato |
Dieci anni fa Ghemon, con il primo mixtape (Qualcosa Cambierà) e il suo primo album (La Rivincita Dei Buoni), poneva le basi per quella che potrebbe essere la trama di un buon romanzo. Sono stati 10 anni in cui al romanzo si sono aggiunti tanti capitoli e paragrafi (album e mixtape/ep) tutti legati fra loro da una voglia di progresso che caratterizza la vita di un ragazzo pronto a mettersi in gioco, che pian piano acquista coscienza delle sue potenzialità. La storia di un ragazzo che inizia con il suo Moleskine a fare terapia da solo (Nato il 1° Aprile), di un ragazzo che ha cerchiato il suo obbiettivo, essere se stesso, fragile e lunatico, piuttosto che crearsi un personaggio inventato (La Rivincita dei Buoni).
L’ultimo capitolo (in ordine cronologico) si chiama Mezzanotte e sa tanto di lieto fine, come di nuovo inizio. Alla fine le sue debolezze sono diventate la sua forza e sono arrivate in 3 posizione Fimi, con un’etichetta indipendente (Macro Beats), contro un’industria musicale falsata da musica-spazzatura. Alla fine le sue ambizioni hanno vinto.
Ghemon è riuscito a fare al 100% la musica di cui ha sempre parlato, diventando l’uomo che voleva essere, vincendo le debolezze, ma anche una depressione. Nel 2012, sdoganava una volta per tutte una certa intimità, dando anche poi il via libera ad altri artisti, ”perché niente è tanto personale che non si può raccontare” (Fantasmi pt 2). Affrontare certi argomenti, dopo averli vissuti, è buono e giusto, può dare forza a chi ne soffre, anziché isolarlo, come invece accade perchè deboli qui non si può apparire.
Ghemon risulta quindi essere una luce nel panorama italiano, fatto di fenomeni musicali infantili, like e followers, non solo per gli argomenti trattati, ma anche per la determinazione che lo ha portato sempre ad evolversi, diventato un esempio di chi predica bene e alla fine razzola ancora meglio.
L’artista avellinese ha sempre avuto una visione a 360° della musica black, non facendo mai una netta distinzione fra i generi; rap, soul, blues, r&b non sono altro che cugini. Questa sua visione ha fatto si che nella sua musica Ghemon abbia tentato di unire il tutto; è stato un processo lungo, dove lavorare soprattutto su se stesso, ma alla fine ne è valsa la pena e Mezzanotte ne è la prova. Questo processo di crescita non è stato solo personale, ma anche collettivo. Ghemon non è egoista, la musica è condivisione e sono vari gli esempi in cui ne ha condivisa, pronto a fare entrare chiunque volesse nel suo mondo: Radio Fantasma, La musica di Ghemon su instagram, varie playlist su Spotify ed infine i Dj Set Raccontati.
Non è una stato tutto rose e fiori, di spine ce ne sono state, i fantasmi non erano pochi; il climax c’è stato nel 2013 quando con Grey Goose Blues (brano registrato nel 2011) Ghemon annuncia di smettere di fare rap. Certe etichette stanno strette, vuole di più, sa di poter fare di più. Proprio in questo momento c’è la rivincita dei buoni, un esempio positivo da lui poi riassunto qualche anno dopo in Orchidee in vari brani (Adesso Sono Qui, Veleno, ma soprattutto Nessuno Vale Quanto Te). L’esempio concreto che volere è potere e che la realtà attuale è falsata, le cose si conquistano, da soli, con il proprio essere e non con la propria apparenza. In America dal 2015 si parla di Generazione Z, indicando i giovani d’oggi fra social ed insicurezze, figli di questa realtà; in Italia potremmo iniziare a parlare, invece, di Ghemon come capostipite di un’altra generazione: i buoni, deboli, ma forti; che potrebbe richiamare il concetto di bambini indaco, introdotto negli anni settanta.