La quarantena ha chiuso l’italia, ma la produzione artistica non si ferma dinnanzi alla chiusura del bel paese. I balconi hanno sostituito i palcoscenici che da sud a nord hanno visto esibire tutti gli italiani in una forma d’espressione sincera; le camerette hanno sostituito gli studi di belle arti di tutta quanta la produzione culturale.
La quarantena ha costretto gli uomini a convivere con se stessi, facendo incrementare le fiamme dello spirito che hanno sempre caratterizzato il processo di formazione artistica. Ebbene, questo fiume in piena è straripato in forma di dati su tutte le piattaforme social, che li hanno fatti confluire in una vera e propria saturazione dei prodotti artistici, nati ad uso e consumo nel periodo di degenza globale.
Di particolare rilievo in questi tempi è il campo musicale, in particolare l’Hip Hop, che si sta praticamente svincolando dall’ industria musicale per districarsi in una nuova forma di esecuzione e condivisione: la fruibilità diretta dai canali social, per i canali social. Questo determinato prodotto, nasce in virtù di un esigenza spontanea di creare per la comunità un modo di abbattere il muro che separa gli ascoltatori dagli artisti in modo netto. Se tramite i social, si poteva già iniziare a constatare un avvicinamento (virtuale) fra produttori e consumatori, le varie challenge/contest/free-using della musica lasciata a disposizione dagli artisti è una assoluta forma di immedesimazione dei ruoli a vantaggio della comunità virtuale.
Esperimenti di questo genere nascono intorno alla fine degli anni zero del nuovo millennio sugli allora forum e siti di settore e si ripresentano oggi in maniera esponenziale sugli accumulatori di contenuti virtuali in forma di social. La qualità del prodotto, sia a livello di esecuzione tecnica che nella sua realizzazione tende a non essere elaborata nella sua potenzialità massima, ma prende forma in virtù della sua fruibilità quasi momentanea che se ne fà; il modo in cui questi prodotti vengono lanciati sul mercato si nullifica, l’avanzare dei processi di marketing finalizzati ad un’ eterodirezione del consumo perdono di valore in una corsa alla necessità di pubblicare, ragion per cui si lasciano fuori i mezzi più avanzati tecnologicamente, così da essere sostiuiti dai meno potenti ma più efficaci, perchè più accessibili a questa corsa nella confluenza dei dati.
Questa corsa affannata però acquisisce una dinamica differente dai classici sviluppi di consumo, essa difatti va al di fuori delle classifiche e del commercio musicale in toto, e quindi risulta essere una virtuale jam session a cui tutti possono partecipare, consumatori e produttori. Questo processo riporta la musica a quella possibile e iniziale forma di spontaneità che la rende libera, libera dai vincoli commerciali e quindi originaria formazione di linguaggio espressivo attraverso suoni. Inutile dire che finita questa quarantena, che assomiglia ad una messa fra parentesi del mondo, tutto si ristabilirà nell’ordine in cui vanno le cose, ma almeno per un periodo circoscritto potremmo raccontare che la profezia che il rapper Hyst ha scritto nella sua “Hip hop World” si sia avverata:
“L’ hip hop ha questa proprietà meravigliosa, dove chi consuma e chi produce sono la stessa cosa.”