Napoli Est Kombat System: evadere con lo sport

Lo sport è l’espressione di chi non usa parole, e la boxe è sicuramente una disciplina che ha molto da dire senza aver bisogno del linguaggio verbale.

Sia in provincia, che nelle grandi città, sempre più ragazzi s’incontrano e combattono identificandosi in diversi gruppi, stili, e credi.

A San Giorgio a Cremano abbiamo incontrato Gennaro Sacco e sua moglie Rosaria Andolfo che hanno fondato una realtà: la “Napoli Est Kombat System” una palestra dove si parla poco ma si comunica molto, attraverso i volti, gli sguardi, e le urla che raccontano lo sforzo dei ragazzi e delle ragazze, di ogni fascia d’età.

Per questo abbiamo deciso di intervistare Gennaro per farci raccontare cosa c’è dietro un silenzio così rumoroso.

Come nasce il progetto di aprire questa palestra?
Io prima insegnavo sempre boxe, ma in un posto occupato a Mezzocannone. Sono sempre stato in questo ambito, poi persi il lavoro che facevo all’epoca e decisi di aprire questa palestra. Anche grazie a mio nonno.

Tuo nonno?
Si, mi portò al mio primo incontro di boxe quando avevo 8 anni, all’epoca però la boxe non era come adesso, anche se qui in Italia c’è sempre stato solo il calcio e la boxe era ancora più messa da parte.

Chi era il boxeur preferito di tuo nonno?
Eh lui era vecchia scuola, Marciano era il suo preferito.

E il tuo invece?
Frazier, che preferisco anche a Mohammed Ali, nonostante mi piaccia anche quest’ultimo, l’ho sempre trovato meno umano, io ho sempre tifato per Ettore e mai per Achille. Mi piacciono anche Crawford e Canelo.

Hai detto che prima c’era solo il calcio, oggi è cambiato qualcosa per la boxe?
Si tantissimo, c’è molta gente che viene qui con un’idea sbagliata di quello che significhi questa disciplina; vengono qui per moda o per migliorare il loro fisico, ma per questo c’è la palestra, non reggono mai tanto e poi se ne vanno.

Quindi la boxe è uno sport per tutti o per pochi?
Assolutamente per pochi, nonostante molti lo facciano, pochi resistono.

Come riconosci questi pochi, hanno dei tratti in comune?
Sono quelli che vengono per provare, molti degli agonisti avevano accompagnato gli amici all’inizio e poi hanno deciso di restare. Sono quelli che non combattono per dimostrare qualcosa a qualcuno o a loro stessi, ma che vengono senza altra aspettativa se non quella di divertirsi.

Ho saputo che non ti fai chiamare Maestro, nonostante nella boxe sia un ruolo molto importante, come mai?
Non mi piacciono questi nomi formali, il rispetto si guadagna, qui in Italia chiamiamo tutti “gentiluomo” “gentildonna” e poi vai a vedere non meritano un filo di rispetto.

Credi più alla dedizione o al talento?
É sempre un bilanciamento di cose, il talento senza esercizio non serve a nulla.

Quando ti alleni qual è il momento peggiore e quale quello migliore?
Il peggiore sono i pesi, mi annoiano, non solo fisicamente ma soprattutto mentalmente, quello migliore è combattere.

Che musica ascolti quando ti alleni o alleni i ragazzi?
Non c’è un tipo di musica specifico, dal metal al neomelodico, dipende quanto ti piace e quanto di da energia ciò che senti.

Un bel film invece, per raccontare un po’ questo mondo?
Ti direi la saga di Rocky, ma nonostante mi piaccia non penso però abbia una visione totalmente veritiera. Ti consiglio Sparring, quello è il mio preferito.

Quando si parla di boxe pubblicamente, molte persone la riconducono alla violenza, cosa ne pensi?
Ti rispondo con una domanda: è meglio una persona che ti guarda in faccia e che sai che ti sta per colpire, o un colpo di tacco che prendi da dietro, senza accorgertene, durante una partita di calcio?

Pure quanto è successo a quel ragazzo, Willy, a Monteferro, quei ragazzi facevano MMA ma non avevano mai combattuto, invece i giornali associarono la loro azione allo sport che facevano, come se poi un ragazzo che va 2 volte a calcetto senza mai giocare a livello agonistico, venisse etichettato come “calciatore” quando scoppia una rissa.

Mi racconti di una storia di successo di un tuo ragazzo che vorresti condividere?
Quella di un ragazzo autistico, che si veniva ad allenare qui, con il tempo aveva cominciato a parlare ed aprirsi, poi con il covid ha smesso.

Foto di Mario Cascone

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