Questa fine dell’anno 2021 è stata testimone di un ritorno in auge del rap in Italia.
I dischi di Salmo prima, Marracash e Gue hanno confermato un trend comune anche alla scena americana, ossia il ritorno del genere anche nel mainstream (Tyler The creator, J.Cole su tutti).
Questa dinamica, va specificato, non è segnata dalle sonorità; che in assoluto hanno contraddistinto e inciso la produzione artistica degli ultimi anni nel panorama dell’industria musicale, bensì, ciò che sta accadendo oggigiorno è che il rap inteso come modalità di scrittura e d’esecuzione ritorna ad essere la pietra angolare su cui rifondare le basi del genere.
Il rap in tal caso si ripone al centro della scena, ridiventando il cuore pulsante di una traccia.
Dall’uscita di Fast Life 4 e Keta Music 3, c’è stato un riavvicinamento alla cultura Hip Hop da parte dei rappresentati di spicco della 2° e 3° generazione di rapper italiani, che di fatto hanno sondato il terreno in modo da influenzare enormemente tutta la scena.
Compiere un operazione del genere, era in controtendenza vista l’esplosione popolare di trap e drill, che è stata caratterizzata principalmente da due fattori: sonorità innovative e de-composizione delle liriche.
La struttura su cui si basa il genere è principalmente il rifiuto canonico del rap, pur essendo nato da esso.
Questa ondata contro culturale è stata assorbita dall’industria musicale che ne ha evidenziato i tratti più irriverenti e melodici, creando un prodotto di consumo molto più comprensibile e d’impatto rispetto al rap.
Questa dinamica che si protrae da circa 3 anni, ad oggi sembra svanire per fare spazio di nuovo al rap, e non è un caso che i maggiori esponenti risultino essere effettivamente la seconda e terza generazione italiana, in quanto sono coloro che hanno sviluppato i connotati specifici del rap italiano.
Ciò significa in modo evidente, che il periodo di maggior esposizione mediatica e di esplosione popolare del genere (2018 ad oggi), è stato rappresentato da un sottogenere che è diventato il genere principale, così da spostare l’attenzione sui punti focali che contraddistinguono una certa onda piuttosto che il genere in toto.
Questo passo non è stato ben compreso dalla massa, perché non è stato ben chiarito; risulta evidente che se il rap italiano in principio era fatto di militanza politica, critica sociale e spirito antiborghese, con l’avvento della trap si è trasformato principalmente in musica di crimine con l’aspirazione borghese.
Noi, loro, gli altri è in assoluto il disco che meglio chiarifica questa dinamica a cui tutto il genere va incontro, dimostrando in modo evidente che il rap non è semplicemente un modo di scrivere, ma un modo di esplicitare le criticità della società contemporanea.
Gvesus d’altro canto evidenzia il lato poetico, la street poetry paradigmatica della east coast americana che si è sempre focalizzata su immagini e poetica al margine del marciapiede, operazione che non si limita alla descrizione, bensì alla creazione di uno statuto ontopoietico.
Risulta evidente che il rap come genere non ha assolutamente esaurito i suoi giorni, perché la sua natura simbiotica lo porta ad assimilare e rigenerarsi solo a contatto con ciò che è fuori di sé, ciò significa che riesce ad aggiornarsi di continuo così da riformularsi di continuo, sopravvivendo attraverso l’ integrazione. Cosa che dovrebbe far riflettere di più.