Sabato 18 maggio a Napoli è stato presentato il nuovo campo da basket di Piazza Medaglie d’Oro, totalmente rivoluzionato grazie al tocco dei Truly, artisti urbani italiani.
L’opera realizzata a Napoli, in soli sei giorni, è stata creata per omaggiare il nuovo album di , non a caso le due scritte presenti sulla superfice sono ‘O Passato e ‘O Futuro, temi portanti dell’album. La riprogettazione del campetto è stata sopportata da Spotify, Polydor, Fondazione Silvia Ruotolo e coordinata dal Tavolo interassessoriale per la Creatività Urbana del Comune di Napoli.
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Per chi non li conoscesse i Truly sono un gruppo di artisti torinesi, attivi da altre 10 anni che si contraddistinguono per le loro opere anamorfiche, accompagnate da un’esplosione di colori e forme moderne. Durante la loro permanenza a Napoli abbiamo avuto la possibilità di intervistarli, per scoprire il loro mondo e l’opinione su alcune temi a noi cari, come la differenza fra Street Art e Graffiti.
Nel vostro documentario del 2013 ‘’ Seems True’’ raccontate i vostri 10 anni di lavoro. Ad oggi come vi trovate a lavorare insieme? Riuscite ad esprimere anche le vostre individualità?
Abbiamo sempre prediletto il lavoro collettivo, in qualche modo ci piaceva immaginare il nostro lavoro come quello di una band musicale. Come crew, fin dai nostri esordi in strada, pensavamo ai graffiti come a un’esperienza di gruppo in cui il disegnare assieme rendeva più efficace il lavoro dei singoli componenti. Come tutte le band, ognuno di noi ha sempre coltivato i propri esperimenti da “solista” (Rems182 con la pittura, Ninja1 con la Calligrafia e Mauro149 con l’illustrazione), ma attualmente siamo più concentrati sulle nostre opere anamorfiche collettive, gestendo ognuno una fase diversa (creativa, logistica e realizzativa) del medesimo lavoro.
Mentre come riuscite a trovare un giusto compromesso tra la vostra visione d’arte e le commissioni? Al giorno d’oggi il mercato come si relaziona con voi?
Nel tentativo di raggiungere un equilibrio tra arte e commissioni abbiamo deciso di dividere il nostro lavoro in due settori di ricerca ben distinti: da una parte Truly Urban Artists si occupa esclusivamente di installazioni anamorfiche, dove disegniamo su muro le nostre illusioni ottiche con il linguaggio dell’astrazione geometrica. Dall’altra parte invece Truly Design Studio è uno studio di comunicazione grafica che si occupa di risolvere e declinare questioni creative per committenti (aziende, privati, ecc). Lavorativamente stiamo vivendo un momento ottimo in entrambi i campi: tante soddisfazioni, tanti viaggi e sfide sempre nuove. Da sempre TRULY è stato un laboratorio in cui Arte e Grafica sono si dividono il campo in maniera paritaria.
Come è nata l’idea quindi dell’opera realizzata a Napoli? Avete unito varie idee o vi hanno lasciato carta bianca?
L’idea del campo di Napoli è nata dall’incontro tra Spotify, Clementino, Polydor e Universal Music Italia. L’ispirazione per l’artwork di questo campetto è arrivata dall’ultimo album di Clementino, Tarantelle. È un album che parla di rinascita, in una continua tensione umana ed artistica tra quello che è stato e quello che sarà, tra passato e futuro.Sono proprio queste le parole che abbiamo inserito in dialetto napoletano nella nostra opera: ‘O PASSATO e ‘O FUTURO. Ci sembrava appropriato omaggiare Napoli, la città che ha ospitato il nostro lavoro e che da sempre ispira l’immaginario musicale di Clementino.I colori usati sono campionati direttamente dalla copertina dell’album “Tarantelle” e si fondono in geometrie che richiamano un enorme orologio e il passare fluido del tempo.
Com’è andata l’esperienza a Napoli?
Napoli è stata calorosissima nei nostri confronti. È la prima volta che disegnavamo qui e mai come ora abbiamo ricevuto tanta riconoscenza per il nostro lavoro. Da parte di tutti: dagli abitanti del quartiere ai ragazzi del campetto, per non parlare poi di Clementino, un mito assoluto.
Tornando al documentario, invece, lì raccontate di essere partiti dai graffiti, la domanda mi sorge spontanea. Per voi c’è differenza fra Street Art e Graffiti o sono due facce della stessa medaglia? Pensiamo che ci sia un’enorme differenza tra Street Art e Graffiti. I graffiti dei nostri esordi erano tag, lettering, e bombing fatto di getto in strada, di notte, senza compromessi. Era bellissimo e non sarebbe potuto essere diverso per noi in quegli anni: era la fine degli anni ’90 e noi eravamo degli adolescenti che volevano esprimersi artisticamente ma senza avere un luogo dove poterlo fare.Quello che facciamo ora è frutto di una riflessione più articolata che coinvolge l’arte, la grafica e il design, e si preoccupa del contesto in cui si esprime. Per fortuna anche oggi rimane un’esperienza bellissima, che riflette appieno quello che siamo in questo momento e quello che è diventata per noi la Street Art ora.
Un’altra distinzione che andrebbe fatta riguarda la Street Art legalizzata, sempre più Arte Pubblica, qual è la vostra opinione al riguardo, è giusto parlare ancora di Street Art o meglio utilizzare un altro termine?
Forse ora si potrebbe tornare a parlare semplicemente di muralismo. Pensiamo che la scena internazionale sia ormai tornata ad essere un fenomeno molto simile a quello del muralismo messicano di Ribera o Orozco, o quello ancora più antico delle facciate dipinte degli edifici rinascimentali, trattandosi di dipinti murali legali con tematiche sempre più classiche e sempre meno legate all’estetica rivoluzionaria – quanto criptica – dei graffiti illegali.Probabilmente il fattore che più distingue la Street Art di questi anni dal Muralismo antico è unicamente la portata globale del fenomeno.
Secondo voi l’arte può essere un ottimo punto di partenza per un processo di riqualificazione urbana?
Sicuramente l’estetica è uno dei fattori importanti che cambia la percezione del luogo in cui si vive. Un muro colorato sarà sempre meglio di un muro grigio e abbandonato, ma chiaramente la riqualificazione urbana è una questione che va affrontata riflettendo su tanti fattori: estetici, sociali, urbanistici e culturali.