Gira una storiella, in città. Una gang di motociclisti sfreccia sulle strade secondarie della provincia di Caserta, Volti Santi il loro nome, ma anche la loro destinazione.
La provincia, solitamente vista come una landa remota, lontana dalle luci e dalle tendenze culturali, nasconde segretamente un’armata di 33 ragazzi e ragazze, che sono in viaggio per raggiungere mete lontane, senza avere la minima intenzione di fare tappa nelle grandi metropoli.
Questo collettivo eclettico abbraccia una varietà di talenti: tatuatori, videomaker, fotografi – tra cui spicca Luca Cacciapuoti, noto come Arsenyco – ma anche content creator, produttori e pugili di livello agonistico. Un gruppo di creativi guidati da un solo motto: disciplina e sacrificio.
Un’asta e una bandiera adornata dal simbolo del “Ki”, che rappresenta l’energia vitale, diventano emblemi che rappresentano l’unione e la forza di Volti Santi. Mantenere la propria individualità, senza mai sacrificare il bene comune.
Se desideri incontrarli, segui la melodia che risuona nell’aria, un richiamo che ti guiderà probabilmente verso un club nel cuore della notte.
Ho avuto l’opportunità di immergermi nel loro mondo accettando l’invito ad esplorare il santuario musicale del produttore Starchild. E lì, tra strumenti e attrezzature, ho incontrato sei voci impazienti di condividere le loro storie, per permettermi di scorgere qualche dettaglio messo lì apposta per farsi notare, o nascosto per lo stesso motivo.

A parlarmi è la band: Nicola, Davide, Luca, Simone, Alessandro e Valerio. Il nucleo del collettivo.
“Quando si dà un nome a qualcosa, allora quella cosa finalmente prende vita”, mi sussurra un volto.
Come vi siete conosciuti?
Avevamo già progetti musicali individuali, poi il caso ha voluto che ci ri-incontrassimo, anche per sbaglio. Chi abitava vicino, chi si è incrociato per strada, siamo tutti amici di amici. Essendo in provincia, non ci sono molti artisti in zona, ci siamo semplicemente riconosciuti.
Cos’è per voi la provincia?
Se hai la mentalità giusta è un posto che ti può formare, dove le persone sono più simili a te, è meno difficile creare un legame. Da un punto di vista artistico è facile portare novità, riesci ad attirare più sguardi. Ad esempio se mia madre ascolta un tipo di musica tradizionale, io la assorbo e diventa una mia unicità. Con la tradizione puoi portare innovazione nella musica, e la provincia è tradizione. Quello che ti toglie però è la possibilità di dimostrare cosa hai appreso, è un’arma a doppio taglio.
“La provincia è come una stanza chiusa, tu hai il mondo, il mondo in una stanza, noi vogliamo essere la finestra. O almeno vogliamo sfondare il muro”
mi dice seriosamente ironico un altro volto
Invece il centro?
É il posto dove vai a dimostrare cosa hai appreso, anche se vai in un contesto di persone che ha vissuto una vita completamente diversa dalla tua, alla quale non sei affine. E’ un continuo limbo, non sei della provincia, non sei del centro.
Secondo voi come siete percepiti dal vostro contesto?
Quando ci guardano vedono persone completamente diverse da quelle a cui sono abituate.
Pensa che un giorno sono andato dal parrucchiere, mi ha cominciato a dire che segue quello che facciamo, mi ha fatto i complimenti. Poi, mi ha chiesto se potesse farmi un’acconciatura “pazza”
-il volto incrina le sopracciglia e ride, poi continua- “ce si pensa che so pazzo”
Il vostro obiettivo?
Aiutare le persone ad avere coraggio per prendere una direzione artistica. Chi attualmente si avvicina al nostro collettivo ha voglia di fare, e vuole essere indirizzato, cosa che riusciamo a fare perché siamo una famiglia piuttosto larga, di cui sposare l’ideologia.
L’obiettivo finale del collettivo è quello di poter creare un giorno una struttura. Per ora siamo una comunità di persone che viene da dentro e fuori la provincia, ma che non si scorda delle proprie origini.
“Volti Santi rispetto alla società che c’è ora, che è molto individualista, dà valore alla relazione che c’è in un gruppo. Noi ci viviamo tutti i giorni, siamo complementari.”
L’ideologia a volte pone dei limiti, quali sono i vostri?
Noi ci ripetiamo sempre “non si parla di futuro”, ci svegliamo la mattina e facciamo. Direi porci a servizio della musica piuttosto che porre la musica a nostro servizio.
In Volti Santi esiste “l’individualismo di gruppo” che è una frase inventata, ma con un senso. E’ un gruppo in cui ognuno ha un ruolo e non snatura gli altri, una macchina che cammina anche senza conducente.
Abbiamo un album in uscita e in ogni canzone prevale la visione di ognuno di noi, che finisce per amalgamarsi al resto del gruppo.
Siete sempre d’accordo?
No, ma c’è fiducia. E soprattutto c’è il rispetto dei ruoli.
“Noi creiamo una nostra libertà interiore conoscendo gli altri, perché è nell’altro poi che io riesco a scoprirmi meglio.”
Chi pensate si possa approcciare alla vostra realtà?
Le persone senza preconcetti particolari, che non danno etichette. Non ci adattiamo a quello che vende attualmente, il gangsta rap o altro.
Perché, cosa non vi piace della musica d’oggi?
Che sia così popolare un messaggio di violenza e in generale di come sia frainteso il rapporto tra persone. Certo dipende sempre da chi la fa, senti se quello di cui parlano gli artisti è vero. Noi siamo stati in mezzo alle palazzine e sappiamo come sono fatti i criminali veri. Spesso quelli che sono nati negli appartamenti provano ad essere chi non sono.
“Ci sono persone che si ispirano alla criminalità, noi ci ispiriamo ai sogni.”
Ad esempio Paprika, il nostro primo singolo, nasce letteralmente da un sogno. Un sogno che non ricordavo mai pienamente quando mi svegliavo. Un pomeriggio però sono riuscito a trascriverlo. Le nostre canzoni sono descrittive, si muovono per immagini, c’è sempre un doppio fondo in ciò che esprimiamo. Non possiamo spiegarlo, perché le immagini, come i quadri, lavorano a prescindere dalle parole.



Non avete paura che commercializzando questa vostra idea, nel futuro possa snaturarsi?
Non si parla del futuro
Un film in cui vi ritrovate?
L’odio. Ma solo una parte, la storia di Grumwalski. Noi siamo quelle persone che pur di salire sul treno, non vanno a fare i bisogni più in là per paura degli altri.
“Vogliamo essere il sogno lucido della periferia. Vogliamo sognare più forte degli altri.”
Quando abbiamo finito di parlare gli ho chiesto da dove venisse il loro nome: Volti Santi.
Mi hanno detto che un loro amico portava sempre un palo santo con sé, e che col tempo è diventato un simbolo.
Così, in quella sala di registrazione, ho sentito il battito delle loro influenze che si fonde in un tutt’uno. Suonano strappandosi a vicenda l’ispirazione. In ciascuno di loro abita una consapevolezza essenziale: rimanere fedeli a sé stessi senza mai smarrire il legame che li unisce. Sanno bene che il loro impatto sulla scena musicale sarà dirompente solo se si sostengono e si nutrono a vicenda.
Mentre lasciavo lo studio di produzione da un lato sentivo l’entusiasmo e l’energia che emanavano. Dall’altro, avevo la sensazione che questa fosse solo l’inizio della loro avventura.
I Volti Santi vivono in un limbo sospeso tra due mondi, pronti a sfidare la loro realtà.