Nella sua pubblicazione “Napoli contro Napoli”, datata 1989, Ada Becchi scriveva: “La multiformità di Napoli sembra renderla inguaribilmente contraddittoria e giustificare le interpretazioni più inconciliabili”. Raccontare le migliaia di sfumature di questa città in modo crudo ma discreto, attento e riflessivo, è un lavoro estremamente complesso e probabilmente riuscito a pochi nel corso degli anni.
Con il film-documentario “Il Vangelo secondo Ciretta” (The Gospel according to Ciretta, ndr), prodotto dalla napoletana Parallelo41 produzioni e proiettato a Bruxelles in occasione del Festival Cinéma Méditerranéen lo scorso 6 dicembre , la regista tedesca Caroline von der Tann riesce ad avvicinarsi con decisione a questo stile narrativo, offrendo un piccolo spaccato reale e senza pretese all’interno del Centro Storico di Napoli nell’arco dell’intero anno 2021, quando il mondo era alle prese con virus e restrizioni e intere comunità si reinventavano in un’ottica di solidarietà reciproca.
Il documentario pone l’attenzione sulle vicende susseguitisi nel “Teatrino” di Vico Pazzariello, in zona Santa Chiara, un ex-teatro divenuto sistemazione di fortuna per figli del quartiere “adottati” e continuo punto di ritrovo per una piccola parte della comunità locale, oltre che laboratorio didattico e musicale.
Gestori di questo spazio comunitario sono Pina (Perzechella) e Angelo (Capitano), una coppia storicamente impegnata nel sociale che proprio durante le restrizioni del 2021 catturò l’attenzione di alcuni media con la pratica del “panaro sospeso”, la cui intestazione recitava “Chi può metta, chi non può prenda”.
Perzechella e Capitano svolgono un ruolo essenziale nella quotidianità di Ciro (Ciretta), vorace femminiello di seconda generazione e inquilino del Teatrino che ora lavora come venditore ambulante. Ciretta è ben voluto da tante persone nel quartiere, grazie a una costante ed eccezionale messa in mostra di estro, fantasia e talento canoro, sia anche per vendere accendini. Oltre che dotato di una voce straordinaria, Ciretta è indissolubilmente legato alla religione e, in particolare, alla figura della Vergine e ai canti popolari: è proprio lui, spesso, a commissionare la realizzazione di statue religiose agli artigiani locali ed è sempre lui a coordinare le storiche processioni cittadine della zona limitrofa.
Il meccanismo centrale attorno al quale si sviluppa il documentario è la possibilità di sopravvivenza di una forte identità locale di fronte all’incombente turistificazione e le trasformazioni spaziali che comporta: il Teatrino, infatti, è destinato a non esistere più, rimpiazzato da un bed and breakfast; ciò che ne rimane viene spostato al centro culturale Santa Fede Liberata, così come Ciretta, sfrattato da Vico Pazzariello.
Caroline von der Tann sceglie di mostrarci in modo puro la quotidianità di questo luogo, segnato in modo evidente da un pre e da un post-sfratto: le persone, i loro pensieri, i loro volti gradualmente cambiano, spaziando dalla spensieratezza alla preoccupazione, dall’attivismo alla rassegnazione, dal sentirsi parte di qualcosa al sentirsi privati di quella stessa cosa, fatta solo ed esclusivamente per il bene collettivo. Si lascia intendere che oggi è toccato a loro, domani a chi? Quale sarà la prossima vittima identitaria e culturale dell’ingordigia del settore turistico a Napoli?
La scelta stilistica di una narrazione integrale, cruda e non filtrata si rivela vincente per tutta la durata della pellicola (circa un’ora e un quarto), ma assume particolare significato nelle sequenze relative al trasloco: sono questi i frangenti di maggior rilevanza politica, nei quali lo spettatore, spinto alla riflessione fino a quel momento, si unisce alla regista in un silente grido d’indignazione per l’attitudine ciecamente menefreghista nei confronti di un’istituzione di quartiere, di un bene collettivo svenduto in cambio del profitto di pochi. È qui che il climax raggiunge il suo apice e il documentario si rivela nel suo fine ultimo: la genialità di Ciretta e l’amore di Perzechella e Capitano in ciò che fanno sono parti integranti del tessuto socio-identitario napoletano, ma evidentemente sono ritenute sacrificabili davanti a qualche pizza fritta in più.
Abbiamo già sottolineato più volte come questa totale svendita di una città e di chi la abita corra il rischio di trasformarsi in una diseconomia, per cui gli stessi turisti venuti a Napoli in cerca di dinamiche sociali ed esperienziali a loro sconosciute vengano delusi dalla riduzione delle stesse al solo aspetto folkloristico-culinario. Tuttavia, non sembrano giungere segnali incoraggianti a riguardo, con più di 350mile presenze annunciate durante il periodo natalizio e oltre 11mila annunci sulla piattaforma Airbnb. Se da un lato preservare l’identità collettiva di un unicum come Napoli rappresenta una scelta fruttuosa in un’ottica di turismo sostenibile, dall’altro deve rappresentare un dovere morale per quella porzione di popolazione che proprio tramite questa si arricchisce.
Con Il Vangelo secondo Ciretta, Caroline von der Tann riesce a mettere a nudo il bello, il brutto e il cattivo tempo di una particolare dinamica che si sta riversando sul Centro Storico di Napoli: un capitale umano invidiabile, portatore di millenarie tradizioni popolari e di impegno concreto per la comunità, che si trova coinvolto in una lotta impari con le (il)logiche di mercato, che da un lato esercitano pressione economica e abitativa su queste persone e dall’altro proprio grazie a queste vedono i propri profitti aumentare. Lo spirito napoletanamente totalizzato e totalizzante delle persone come Ciretta, Perzechella e Capitano, è vivo e resiste sul territorio: in questa pellicola, Von der Tann ci indica i motivi fondamentali per cui è dovere collettivo difenderlo e coltivarlo.