A vent’anni da 60 Hz, DJ Shocca torna con 60 Hz II: un elogio sincero e potente alla cultura Hip Hop, costruito come un mosaico sonoro che unisce leggende e nuove leve, stili diversi e la stessa, instancabile voglia di scrivere rime che contano.

Il disco si apre con una dichiarazione di intenti chiara e potente: “dedicata alla musica”, affidata alle voci degli amici di sempre di Shocca, la sua famiglia artistica, Unlimited Struggle. Le loro strofe suonano come un manifesto, un grido d’appartenenza: “il nostro stile è fuori mercato”, una rivendicazione di identità, attitudine e coerenza.
Non è un caso che la prima strofa sia affidata a Mistaman, che apre con un ammonimento preciso: “devi essere all’altezza”. C’è poi Ghemon, che analizza il presente con lucidità, tra la tensione del mercato e il bisogno di restare fedeli a sé stessi, seguito da Stokka, che racconta la fatica del restare a galla senza snaturarsi.
Successivamente Frank Siciliano sottolinea il lavoro fatto con la sua eleganza inconfondibile, citando alla fine un vecchio brano di Ghemon – “Dio, quanto è difficile spiegarsi quando scrivere è un’urgenza” – tornando a ribadire il cuore del progetto. Infine, MadBuddy chiude il cerchio riportando tutto sull’oggi, sulla scena attuale, ma senza mai perdere la bussola.
È proprio questa la corrente che attraversa 60 Hz II: l’urgenza di raccontare, di farlo bene, con sincerità, rimanendo sé stessi, lontani dalle logiche degli algoritmi, dai trend passeggeri, dalle classifiche effimere. Qui non si cerca la hit: si afferma un’identità, si celebra una cultura. E soprattutto, si ricorda quanto sia ancora bello – e necessario – fare Hip Hop per ciò che è davvero.
Questa dichiarazione di stile ritorna forte nelle strofe dei Club Dogo, guardiani storici di un rap viscerale e diretto, e si raffina in una delle collaborazioni più intense dell’album: Ghemon e Neffa, due artisti che hanno saputo evolversi rimanendo fedeli all’essenza, costruendo un ponte tra soul, tecnica e consapevolezza.
Tra i momenti più forti del disco c’è però l’arrivo di una strofa di Primo, che si unisce a Guè e Izi. Tre generazioni diverse, unite dalla stessa passione. È un omaggio vibrante a uno dei più grandi rapper italiani, ma anche una dimostrazione di come il rap possa essere continuità emotiva oltre che musicale. In quell’istante, 60 Hz II smette di essere solo un disco: diventa memoria viva.
E proprio la memoria, insieme alla citazione, è il linguaggio dominante dell’album. Non solo nei testi, ma anche nelle produzioni: Sempre Grezzo II, Blu Notte II, Ghettoblaster II… ogni “II” non è solo un sequel, ma una riscrittura affettuosa e rispettosa. Le versioni rinnovate non sono nostalgia, ma gesti d’amore verso ciò che è venuto prima, codici di un linguaggio culturale che Shocca e tutti i suoi ospiti parlano fluentemente.
Perché la citazione, nell’Hip Hop, non è una semplice nota a piè di pagina, ma è il cuore stesso del gioco. È connessione, è gratitudine, è riconoscimento. E Shocca riesce in qualcosa di sempre più raro: ricordare a chi scrive e ascolta quanto è bello farlo, senza pensare all’industria, ma solo all’identità, al suono, alle parole.
L’album trasuda amore per l’Hip Hop in ogni dettaglio. I beat sono cuciti con cura maniacale, come vinili restaurati con le dita sporche d’inchiostro. Le strofe, anche le più tecniche, sono innanzitutto un atto di gioia. C’è il piacere infantile e contagioso di chi sta rappando per il gusto di farlo, senza filtri, senza pretesti.
Non mancano però momenti più riflessivi: Johnny Marsiglia mette a fuoco il presente con lucidità e malinconia, mentre Ensi e Nerone spostano l’asse verso il gioco e il virtuosismo, senza perdere la connessione con l’essenza del genere.
E quando il cerchio sembra chiudersi, ecco che Danno e Inoki rilanciano con una raffica di citazioni non solo musicali, ma culturali: dai grandi della musica italiana a Nas nel ritornello, la loro strofa è un’enciclopedia viva dell’attitudine Hip Hop, come se fossero lì a spiegare ai più giovani non cos’è il rap, ma perché continuiamo ad amarlo.
Poi arriva Clementino, che chiude quel ciclo narrativo celebrando la cultura e citando i Co’Sang, riportando Napoli e le sue radici al centro del discorso. Non è retorica, è passione nuda.
Infine, il microfono passa a Ele A: giovane, credibile, personale. Il suo ingresso non è un cameo, ma un gesto simbolico: il futuro è pronto, ed è consapevole di ciò che è venuto prima. Una chiusura perfetta, che fa eco a chi ha aperto il disco con le parole: “il nostro stile è fuori mercato”.
60 Hz II non è un album nostalgico.
È un disco necessario, oggi più che mai.
È memoria che abbraccia il presente e costruisce il futuro.
È un promemoria forte, firmato DJ Shocca, che dice una cosa sola, con dolcezza e fermezza:
“Ricordate quanto è bello l’Hip Hop.”