Fred try again: la vapor wave esce da internet

A questa domanda, ho dato sempre la stessa risposta: “Carino, non pazzesco come mi aspettavo”. La domanda era: “Com’è stato il concerto di Fred again..?”.

Ero destinato alla delusione e come me tanti altri. Troppi i commenti negativi arrivati nelle prime due date del tour per essere solo un fenomeno limitato di livore. Domenica 7 settembre 15mila persone si sono ritrovate davanti alla chiesa pontificia di San Francesco di Paola, a Napoli, per ascoltare Fred Jonh Philip Gibson, in arte Fred again.., minuscolo puntino in un fiume di gente, ero presente anche io. E mentre percorrevo l’A1 in direzione Caserta, rallentando in prossimità degli autovelox che non funzionano da anni, ma non si sa mai, ho cercato di trovare la migliore spiegazione possibile alle mie perplessità sul concerto. Quando sono finito in un piccolo, sempre temibile, banco di nebbia, è diventato tutto chiaro. Paradossale.

La prima cosa che salta agli occhi passeggiando nella zona di Piazza del Plebiscito a tante ore dall’inizio del concerto, era l’incredibile fortuna avuta dal dj e producer Fred again.. approdando nella città di Napoli l’anno del quarto scudetto conquistato dalla Società Calcio Napoli, celebrato con l’ormai iconico claim “Ag4in” – per maggiori informazioni chiedere a Politano che se l’è tatuato sulla tibia. Camminando sotto il sole di un’estate che resiste, e viste le temperature degli ultimi anni non è una notizia, fatico a contenere l’emozione per lo show che mi aspetta. Penso alla vita che esplode a pochi passi dal mare, perché in alcune giornate il mare bagna Napoli, anche se vengo distratto dalla conversazione tra un’anziana signora e una donna più giovane: «La vedo in forma», dice la donna, «Sto molto bene!», «E suo marito, mi dica, come sta?», «Ah no, lui è morto da vent’anni». Tenendo lo sguardo fisso nella stessa direzione, mi accorgo di due tende in plastica arancioni che riportano la scritta: “Merchandising”. E il merchandising è perfetto. Mi avvicino: vedo maglie croppate in taglio sportivo azzurre con dettagli verdi, bianchi e rossi che sfumano sulle spalle, peculiarissimi personaggi – che avendo capito il gioco – hanno acquistato divise retrò del Napoli personalizzate per l’occasione, T-shirt dal taglio classico con la scritta again stampata in loop. Per i più inclusivi erano presenti anche pezzi d’abbigliamento con la citazione dei Parisi, Marco e Giampaolo detto Jack, il duo salernitano che ha accompagnato la star nel tour italiano.

Se siete stati a uno dei concerti di Milano, Verona, Napoli e Roma e vi è sembrato di leggere, appiccicata sulle spalle del ragazzo molto alto davanti a voi – quello che porca miseria vi perseguita anche al cinema e a teatro – una scritta dai contorni sfocati, non era l’effetto delle droghe che avete eventualmente assunto o l’alcool consumato per darvi la carica; era una scelta voluta dal team marketing dell’artista. L’effetto blurred, se analizzato come sintomo, svela la sua provenienza e collocazione nel momento in cui lo si mette a sistema con i suoni ovattati delle tracce, i titoli degli album e i sample scelti per alcuni mix. La sensazione indefinita che si prova ascoltando Marea (we’ve lost dancing), trova il suo corrispettivo materiale nella rappresentazione visuale. Dal mio punto di vista, quella è la chiave per interpretare la produzione musicale del produttore inglese e per arrivare alla radice della mia delusione.

Fred again.. è un millenial degno figlio della vapor wave così come la analizza Valentina Tanni nel saggio “Exit reality. Vaporwave, backrooms, weirdcore e altri paesaggi oltre la soglia”, la prima «internet aestethic» che ha trasformato il mondo della musica soprattutto grazie ai remix di frad (leggendario il remix in chiave vapor di “Jump Up Super Star – colonna sonora di Super Mario Odissey, diventata per frad “First date”).

La vapor wave, letteralmente una nuvola di vapore, è la realtà che si dissolve in un labirinto di suggestioni, di atmosfere sognanti e di promesse non mantenute. Attraverso la ripetizione di suoni e di poche righe di testo, a volte enfatizzate dalla musica, altre volte no, l’ascoltatore viene catapultato in un altrove dall’atmosfera nostalgica e fantastica. Se prendiamo in considerazione primi tre dischi di Fred again.. (Actual life, Actual life 2 e Actual life 3) e ne analizziamo anche il paratesto – copertine fatte di selfie bruttini a cui è stato applicato un filtro monocolore rosso, giallo e blu, gli stessi titoli “Actual life” che tra parentesi riportano il periodo di composizione dell’album – i pezzi del puzzle iniziano a combaciare. È un caso che il primo album sia stato prodotto durante il lockdown? Nel periodo storico in cui l’altrove era l’unica soluzione e di fronte a un futuro incerto, il passato reso disponibile dai mezzi tecnologici diventava una possibilità concreta? Allo stesso tempo mi chiedo anche se proprio quel sentire condiviso dall’artista e dagli ascoltatori, mai come nel lockdown le esperienze di un grande numero di persone sono diventate sovrapponibili, gli abbia garantito il successo.

Ritornando a Piazza del Plebiscito, mi sono chiesto: è stata un’illusione collettiva? Probabilmente abbiamo trattato un concerto intimo, la capacità di commuovere del Tiny Desk di Fred again.. dimostra quanto la musica dei suoi primi anni (2020-2022) sia destinata ad altro, come un dj set di David Guetta. E nel disallineamento tra le nostre – le mie? – aspettative e l’esibizione si è infilata subdola la delusione. La narrazione a schermo fatta di testi emotivi, senza lettere maiuscole, con i punti esclamativi raddoppiati, evocava utilizzandolo come dispositivo di comunicazione emotiva, lo stile delle chat private.

Tutto il percorso musicale si accartocciava verso l’interno. Anche la citazione di Geolier e Piano Daniele, per quanto mi sia sembrato il solito richiamo stucchevole all’autoreferenzialità di un popolo che punta a una dimensione internazionale, ma fatica a emanciparsi da sé stesso, aveva la stessa funzione. Mi sono – ci siamo? – innamorato di Fred again.. per la sua capacità di creare spazi intermedi tra senso di solitudine profonda e tensione verso l’infinito, per la sua abilità di cullare in uno stato di sogno a occhi aperti, inafferrabile e seducente.

Tutte caratteristiche che implicano un ascolto diverso da quello del concertone. Per quanto la sua produzione musicale stia prendendo una nuova piega, la scelta di far suonare Massimo Parisi, il padre di Marco e Jack, tradisce un modo di vedere il mondo a cui l’artista non può rinunciare. 

Grazie lo stesso per essere passato a Napoli, Fred. Ti ricorderò come una splendida opportunità mancata. Come si dice: il cielo stellato sopra di me, la vapor wave dentro di Fred. 

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