“Credevo che sarei morto, prima di rivedere delle maglie biancorosse sul campo dello Iacovone”.
Signor Enzo, 78 anni, rione Borgo-Città Vecchia.
Taranto e Bari sono separate da ottanta chilometri fisici e da un’autostrada senza fine di distanza umana, sociale, economica.
Taranto-Bari è stato per anni l’incontrastato derby di Puglia. Una rivalità che trascendeva lo sport e sfociava in dispute politiche e culturali.
Poi le due città, e le rispettive società sportive, hanno intrapreso dei cammini completamente diversi.
Bari è diventata una metropoli del Sud.
Una città funzionale con università di livello, infrastrutture, dove si può addirittura fare business, aziende che aprono filiali, qualità della vita elevata.
Taranto è Taranto.
Una città strana. Rancorosa, sfatta, che affascina e spaventa. La città dell’acciaio e pure dei tramonti cinematografici. Proletariato e nobiltà di strada.
La Bari ha giocato nella migliore serie A, ha vinto una coppa Mitropa, il Taranto non vede la cadetteria proprio da quando ha disputato il penultimo derby contro il Bari, nel 1993.
L’ultimo derby si è giocato quest’anno. Dopo due anni di pandemia e una promozione dalla serie D che il Taranto ha guadagnato all’ultima giornata utile, contro il Lavello, vincendo in rimonta.


Lo stadio Iacovone era pieno come non mai, sebbene la squadra avesse vinto una sola partita su undici disputate nel girone di ritorno.
C’erano facce che non si vedevano da tanti anni. Anche questa è una differenza rispetto a Bari: a Taranto ci si conosce tutti, si indica verso quello lì che è andato a studiare a Bologna e ha trovato una supplenza da precario a Sasso Marconi, si bisbiglia nei confronti di quell’altra là ha lasciato l’ex che era uno sbirro noioso e si è subito menata a piombo su un commerciante del sottoborgo…
C’eravamo tutti.


Senza speranze di vittoria, ché la Bari è troppo forte per il Taranto; orfani della presenza dei tifosi baresi per trasferta negata e dunque impossibilitati dal sfogare quel nervo da campanilismo attraverso insulti, urla, sucaminchia in direzione del settore ospiti.
Alla fine il risultato è collaterale.
Lo sapevamo, ognuno di noi ne era consapevole. Non abbiamo pagato il biglietto perché ci fosse qualche significato puramente sportivo.
Taranto – Bari del sabato santo, 16 aprile 2022, è stata una riappropriazione di memoria collettiva per tutta la città ionica.
Per chi ha visto Iacovone che segna in pallonetto, per chi si è sentito raccontare del corteo dei tarantini per le vie del capoluogo barese quando ancora non era nato: Taranto-Bari è stata un’attestazione di fede.






A fine partita, lo 0-0 recita che è il 14esimo pareggio su 46 partite disputate. Sullo stadio Iacovone scivola un tramonto bellissimo. Viola, arancione, giallo.
Sembrano colori di un Dio Minore che spennella a suo piacimento una grossa tela vergine, per intrattenere gli ospiti.



Foto di Pietro Lonoce